La teoria di Einstein tiene a bada gli sfidanti


L'amasso di galassie Abell 1689

L'ammasso di galassie Abell 1689

Quasi cento anni fa Albert Einstein pubblicò la sua Teoria della Relatività Generale, un’ipotesi sulla gravitazione che in pochi anni rivoluzionò la fisica introducendo un nuovo paradigma: l’universo non più visto nelle classiche tre dimensioni euclidee dello spazio, ma come un’entità geometrica in 4 dimensioni, le tre spaziali più il tempo.

In poco tempo cominciarono ad arrivare le prime conferme e anche se la Relatività Generale occupò ben presto un ruolo centrale nella fisica moderna per il lavoro di Einstein le verifiche non sono mai cessate, anche perché non tutti i problemi sono stati risolti: come si è originato l’universo e perché sembra espandersi così velocemente? Negli ultimi anni i fisici hanno spostato la loro attenzione su teorie che competono con la Relatività Generale come possibili spiegazioni per l’espansione accelerata dell’universo. Al momento la spiegazione più popolare per questa accelerazione è la cosiddetta costante cosmologica, che può essere pensata come un’energia, definita “oscura” in quanto non può essere rilevata direttamente [1], che esiste nello spazio vuoto e tende appunto a far espandere il cosmo, ma nuovi contendenti si sono candidati a mandare in pensione la Relatività e aspettano di essere messi alla prova.

Sono stati annunciati due nuovi studi indipendenti sugli ammassi di galassie, che hanno sfruttato le misurazioni di Chandra, un laboratorio orbitale automatico a raggi-X della NASA.

Una di queste ricerche taglierebbe le gambe a un modello rivale della Gravità Generale mentre l’altra mostrerebbe che la teoria di Einstein funziona anche per tempi e distanze su scala cosmologica. Insomma, la quasi centenaria teoria di Einstein sembrerebbe ancora la migliore sulla piazza…

Ne hanno parlato di recente due articoli, uno pubblicato sul sito della NASA e l’altro su quello di Chandra, che ho qui tradotto, integrato e arricchito di qualche link, nota e riferimento bibliografico.

Immagine composita dell'ammasso di galassie Abell 3376

Immagine composita dell'ammasso di galassie Abell 3376 (Raggi-X: NASA/CXC/SAO/A. Vikhlinin; ottico: ROSAT; Radio DSS: NSF/NRAO/ VLA/IUCAA/J.Bagchi)

Due diversi team di ricercatori hanno usato le osservazioni di Chandra sugli ammassi di Galassie (cluster) per studiare come si comporta, su scala cosmica, la Teoria della Relatività di Einstein. Questi studi sono fondamentali per comprendere l’evoluzione dell’universo sia nel passato che nel futuro e per sondare la natura dell’energia oscura, uno dei più grandi misteri della scienza.

Ciascuna squadra ha potuto avvantaggiarsi delle osservazioni estensive di Chandra sugli ammassi di galassie, i più estesi oggetti dell’universo tenuti insieme dalla forza di gravità.

L’immagine che vedete qui sopra (cliccatela per ingrandirla) è l’ammasso di galassie chiamato Abell 3376. È una composizione dei dati dei telescopi orbitali a raggi-X ROSAT e Chandra (color oro), di un’immagine nello spettro visibile dal Digitized Sky Survey (in colori reali) e di un’immagine radio del VLA (in blu). L’aspetto a forma di proiettile dei dati a raggi-X è causato da una fusione: della materia fluisce nell’ammasso dal lato destro. I giganteschi archi blu nei dati radio potrebbero essere originati dall’onda d’urto generata da questa fusione.

La crescita degli ammassi come Abell 3376 è influenzata sia dalla velocità di espansione dell’universo – controllata dagli effetti contrapposti dell’energia oscura, candidata ad essere la causa dell’espansione accelerata; e della materia oscura che invece tenderebbe a richiamare i corpi per gravità [2] – che dalle proprietà della gravità su larga scala; al contrario le osservazioni delle supernove o della distribuzione su larga scala delle galassie con cui si misurano le distanze cosmiche, dipendono solo dalla velocità di espansione dell’universo e non dalle proprietà della gravità.

La prima delle due ricerche ha messo alla prova un competitore della Relatività Generale chiamato “gravità f(R)” [3].

L'evoluzione dell'universo

L'evoluzione dell'universo

«Se la Relatività Generale fosse il campione del mondo dei pesi massimi di boxe, quest’altra teoria ambiva ad essere un nuovo contendente» ha detto Fabian Schmidt del California Institute of Technonogy di Pasadena, che ha condotto lo studio. «Il nostro lavoro mostra che le sue possibilità di rovesciare il campione sono piuttosto scarse».

Nella teoria f(R) l’accelerazione cosmica non deriva da una forma esotica di energia ma da una modificazione della forza gravitazionale. La forza modificata influisce anche sulla velocità con cui piccoli addensamenti di materia possono aumentare di dimensione in tempi lunghissimi fino a diventare ammassi di galassie, concedendo così la possibilità di una verifica significativa della teoria.

Schmidt e i suoi colleghi hanno usato le stime delle masse di 49 ammassi di galassie nell’universo locale ottenute dalle osservazioni di Chandra e le hanno confrontate con le previsioni dei modelli teorici e gli studi di supernove, la radiazione cosmica di fondo [4] e la distribuzione su grande scala delle galassie.

Anisotropia (disomogeneità) della radiazione cosmica di fondo

Anisotropia (disomogeneità) della radiazione cosmica di fondo misurata dal satellite WMAP

Non hanno trovato prove che la gravità si comporti diversamente da quanto previsto dalla Relatività Generale su scale superiori a 130 milioni di anni luce. Questo limite corrisponde a un miglioramento di cento volte sulla stima del raggio d’azione della forza gravitazionale modificata che può essere fatta senza usare i dati degli ammassi.

«Questa è la più forte condizione mai posta a una (teoria) alternativa alla Relatività Generale sulle grandi distanze», ha detto Schmidt. «I nostri risultati mostrano che possiamo sondare rigorosamente la gravità su scale cosmologiche con l’osservazione gli ammassi di galassie».

La ragione di questo sensazionale miglioramento nella formulazione dei vincoli può essere ricondotta alle interazioni gravitazionali che agiscono negli ammassi che risultano molto più forti rispetto all’espansione di fondo dell’universo.

La tecnica della crescita dei cluster promette anche di essere un buon mezzo per sondare altri scenari di gravità modificata, come i modelli che prevedono dimensioni superiori o la teoria delle stringhe.

Anche un secondo studio indipendente confermerebbe la Relatività Generale, avendola testata direttamente su distanze e tempi cosmologici. Finora infatti era stato possibile verificata solo con esperimenti di laboratorio e dentro il Sistema Solare, lasciando la porta aperta alla possibilità che potesse fallire su scale più ampie.

Per verificare la questione un gruppo della Stanford University ha confrontato le osservazioni di Chandra su quanto rapidamente sono cresciuti nel tempo i raggruppamenti di galassie con le previsioni della Relatività Generale. Il risultato è un quasi totale accordo tra le osservazioni e la teoria.

«La teoria di Einstein ha avuto di nuovo successo, questa volta nel calcolare come massicci ammassi di galassie si siano formati sotto la spinta gravitazionale negli ultimi 5 miliardi di anni», ha detto David Rapetti del Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology (KIPAC) presso l’università di Stanford University e dello SLAC National Accelerator Laboratory, che ha condotto questo nuovo studio. «I nostri risultati sono il più robusto test di consistenza della Relatività Generale mai condotto su scala cosmologica, il che è emozionante e rassicurante».

Il puntino evidenziato è una supernova scoperta il 14/1/2010 nella galassia NGC 3120

Il puntino evidenziato è una supernova scoperta il 14/1/2010 nella galassia NGC 3120, costellazione della Macchina Pneumatica (Antlia) nell'emisfero sud.

Rapetti e i suoi colleghi hanno basato i loro risultati su un campione di 238 cluster scoperti nella volta celeste dal telescopio satellitare a raggi-X ROSAT (ora defunto). Questi dati sono stati migliorati con le dettagliate misurazioni di massa effettuate da Chandra su 71 raggruppamenti lontani, da quelle di 23 cluster relativamente vicini effettuate da ROSAT, e combinate con gli studi di supernove, radiazione cosmica di fondo, distribuzione delle galassie e la stima delle distanze degli ammassi.

Gli ammassi di galassie sono oggetti importanti nella ricerca di una comprensione unitaria dell’universo. Poiché le osservazioni delle masse degli ammassi di galassie sono prove direttamente verificabili delle proprietà della gravità, forniscono informazioni cruciali.

Come dicevamo, altre tecniche come l’osservazione delle supernove o la distribuzione delle galassie consentono di effettuare misure che che dipendono solo dalla velocità di espansione dell’universo. Per contrasto, la tecnica dei cluster usata dal gruppo di Rapetti misura anche la velocità di crescita delle strutture cosmiche, ad opera della gravità.

«L’accelerazione cosmica rappresenta una grande sfida per una nostra comprensione moderna della fisica», ha detto Adam Manz, del Goddard Space Flight Center della NASA nel Maryland, collega di Rapetti e co-autore di questa ricerca. «Le misure dell’accelerazione hanno mostrato quanto poco sappiamo della gravità su scale cosmiche, ma che stiamo ora iniziando a dissipare la nostra ignoranza».

Il lavoro di Fabian Schmidt è stato pubblicato nell’ottobre 2009 sul volume 80 di “Physics Review D“, e vede come co-autori Alexey Vikhlinin dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge nel Massachusetts, e Wayne Hu dell’università di Chicago, Illinois.

La ricerca di David Rapetti è stata recentemente accettata per la pubblicazione sul “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” e vede come co-autori Steve Allen Mantz del KIPAC a Stanford e Harald Ebeling dello Institute for Astronomy delle Hawaii.

Il Marshall Space Flight Center della NASA a Huntsville (Alabama), gestisce il programma Chandra per conto del Science Mission Directorate della NASA a Washington. Lo Smithsonian Astrophysical Observatory controlla gli esperimenti scientifici e le operazioni di volo da Cambridge nel Massachusetts.

Tratto da:


Note ed approfondimenti:

  1. Gravità e energia oscura: origine comune? (SISSA)
  2. Materia oscura (Wikipedia)
    Dark matter (NASA)
  3. f(R) gravity (Wikipedia)
    6+1 lessons from f(R) gravity (Journal of Physics)
    f(R) gravity (Chandra)
  4. Cosmic Microwave Background Radiation (Wikipedia)
    Tests of Big Bang: the cosmic microwave background (NASA)
    The cosmic microwave background (Università di Berkeley)
  5. La teoria delle stringhe (SISSA)
  6. Teorie MOND (Wikipedia)
  7. Dimensioni dell’Universo, costante cosmologica e inflazione (SISSA)
  8. L’errore di Einstein e l’energia oscura (SISSA)
  9. Appunti di astronomia: galassie (AstroSurf)

Riferimenti:

  • California Institute of Technology (CalTech)
  • Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology (KIPAC)
  • SLAC National Accelerator Laboratory (SLAC)
  • Goddard Space Flight Center (GSFC)
  • Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics  (CfA)
  • Hawaii Institute for Astronomy (IfA)
  • Marshall Space Flight Center (MSFC)
  • Smithsonian Astrophysical Observatory (SAO)
  • Physics Review D – Particles, Fields, Gravitation and Cosmology (PRD)
  • Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (MNRAS)
  • Chandra X-Ray laboratory (Chandra)
  • Max Planck Institut für extraterrestrische Physik – the ROSAT mission (ROSAT)

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